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2001 – Appunti sulla vita dei beati coniugi Beltrame-Quattrocchi

BEATIFICAZIONE DI

LUIGI E MARIA BELTRAME QUATTROCCHI

Domenica 21 ottobre 2001, il Papa Giovanni Paolo II ha dichiarato beati i coniugi Luigi e Maria Beltrame Quattrocchi.

E’ la prima volta, nella storia della Chiesa, che una coppia di sposi viene beatificata insieme.

Con questo evento, dice il postulatore della causa, padre Paolino Rossi, il Papa vuole richiamare che la santità non è monopolio di alcuni privilegiati, ma è praticabile da ogni battezzato. Ciò significa anche un ulteriore riconoscimento del ruolo che hanno i laici nella Chiesa d’oggi e della missione che spetta alla famiglia nel popolo di Dio e nella società.

Con questa beatificazione, è sempre padre Paolino che parla, la Chiesa intende dare speranza, conforto, sostegno alla famiglia cristiana, oggi così assillata da tanti problemi e così insidiata nei suoi valori fondamentali, nel suo ideale, nella sua genuina configurazione. L’invito per gli sposi cristiani è di prendere consapevolezza della loro identità e di agire conseguentemente, facendo della propria casa una piccola Chiesa domestica, dove si prega, si dialoga e si vive la solidarietà. (FC. 42/2001)

E’ interessante notare che la Congregazione per le cause dei santi ha eccezionalmente accettato un solo miracolo attribuito ai neo beati, e riguarda Gilberto Grossi, all’epoca collaboratore dei coniugi Beltrame Quattrocchi, attualmente neurochirurgo. Costui fu colpito da una grave malattia della ossa, e per questo invocò Dio tramite i coniugi e ottenne la guarigione.

Riconoscendo la loro comune intercessione è come se i teologi avessero di fatto sancito che gli sposi sono uniti non soltanto nella dimensione umana, ma anche in quella soprannaturale.

Della vita di Luigi e Maria abbiamo una mole notevole di testimonianze. Sono molte quelle di persone che li hanno conosciuti in vita, abbiamo quelle dei figli, ma importantissima è quella che ci è pervenuta dai coniugi stessi, e da Maria in particolare.

Abbiamo 260 lettere interscambiatesi tra Luigi e Maria, in occasione di periodi di separazione forzata per motivi di lavoro o altro. Tra queste vi sono lettere anteriori addirittura al loro fidanzamento.

All’insaputa l’uno dell’altra essi conservarono con religiosa venerazione la rispettiva corrispondenza, comprese le cartoline che Luigi, in viaggio di lavoro per la Sicilia, inviava in fretta alla sposa già dalla stazione centrale di Napoli.

Questo carteggio è particolarmente prezioso perché fornisce la documentazione del loro cammino nella grazia e costituisce quasi un manuale sul come edificare, quasi partendo da zero, il santuario della famiglia cristiana.

Sono inoltre disponibili oltre mille lettere relative al carteggio tra i genitori e i figli, lontani per aver risposto alla chiamata del Signore.

Anche questo è importantissimo perché ne emerge lo sconfinato amore paterno e materno. Da ogni riga traspira, instancabile l’invito alla fedeltà dell’amore fin nelle più piccole cose, il dovere di tendere al “più perfetto”, il diritto-dovere di tendere alle vette ardite della santificazione personale, per poter essere autentici strumenti della salvezza e di santità per le anime redente dal Sangue di Cristo.

Note biografiche

Luigi Beltrame Quattrocchi

Luigi Beltrame Quattrocchi nasce a Catania il 12 gennaio 1880. Nasce come Beltrame, essendo figlio di Carlo Beltrame e Francesca Vita. E’ il terzo di quattro figli, gli altri sono Giorgio, Mariannina e Ettore.

Il padre di Francesca Vita era il principe Valguarnera, professo del Sovrano Ordine di Malta. Tale condizione comportava l’impegno dei voti perpetui e il celibato. Sottrarsi all’impegno dei voti significava la perdita di molte qualifiche e diritti nobiliari. Ciononostante, ad un certo momento, il principe rinunziò agli impegni assunti, a tutti gli onori ed agli oneri, ed uscì dall’Ordine di Malta, assunse il cognome di Vita e si sposò stabilendosi a Catania.

Due tra i figli che egli ebbe sono Francesca e Stefania (Fanny).

Francesca andò sposa a Carlo Beltrame e Stefania a Luigi Quattrocchi. I coniugi Quattrocchi non ebbero figli per cui, quando Luigi aveva nove anni circa, chiesero ai suoi genitori di poterlo adottare.

I coniugi Beltrame accettarono, a condizione che il figlio conservasse amore pieno verso i genitori veri, e i Quattrocchi non si sarebbero sostituiti ad essi.

Successivamente, per motivi di lavoro Luigi Quattrocchi, cassiere principale della Regia Dogana, dovette trasferirsi a Roma e con lui anche il nipote sbarcò nella capitale.

A 18 anni consegue la licenza liceale.

A 22 anni, si laurea in Giurisprudenza, all’Università la Sapienza.

A 25 anni Vice-Pretore Onorario alla Prefettura Urbana.

A 29 anni Sostituto Avvocato Erariale.

A 31 anni Segretario Generale.

A 66 anni in pensione con la qualifica di Vice-Avvocato Generale Onorario dello Stato.

Svolge numerosi incarichi ufficiali presso diversi Ministeri, l’ENPAS dipendenti statali, consulenza legale per l’IRI, la Banca d’Italia, la Banca Nazionale del Lavoro, il Consorzio per le Opere Pubbliche, la STET.

Maria Beltrame Quattrocchi

Nasce a Firenze da Angelo Corsini e Giulia Salvi il 24 giugno 1884.

Presto la famiglia si trasferisce a Roma (1893). Qui frequenterà parte della scuola elementare (la terza presso le Suore di St. Joseph de Cluny, quarta e quinta presso un istituto statale) e, per le scuole superiori, frequenta l’Istituto Femminile di Commercio per Dirigenti e Contabili, fino al conseguimento della licenza.

L’incontro

Maria e Luigi si conobbero perché le famiglie si frequentavano.

Discutevano molto; all’uno e all’altro piaceva partire da posizioni se non antagonistiche, perlomeno diverse, e misurarsi pensando: c’era in tutto ciò sincerità, allegria e fiducia; la vita era bella con i suoi interrogativi puntati verso l’alto. Già questo Maria lo sentiva molto, e ben spesso, il suo cercare svettava verso il cielo, ciò che era proprio uno dei punti d’attrito fecondi, sprizzanti, con Luigi che ignorava quasi tutto dal campanile in su.

Il mondo di lei gravitava parecchi palmi più in alto del suo, perché lui doveva preoccuparsi della vita e dell’avvenire, di pratiche, doghe, leggi, tribunali… Ma avvertiva dentro di se le contraddizioni della Giustizia umana. Pur non essendo religioso, aveva uno spontaneo senso morale, e avrebbe voluto che il diritto e l’etica collimassero sempre. Ciò purtroppo non accadeva.

L’incontro con la giovane Maria, con la possibilità di ascoltare verità belle e schiette, gli dava l’impressione di aver trovato un punto di sostegno.

Intanto le famiglie continuavano a frequentarsi e conoscersi meglio. Ne nacque così una profonda stima reciproca.

Accadde che nel 1902 e nel 1904 gli zii Quattrocchi morirono e lasciarono erede del cognome e del patrimonio il nipote Luigi.

Da questo fatto scaturirono delle divergenze familiari che addolorarono a tal punto il giovane Luigi da comprometterne la salute. Si ammalò di una grave forma di gastroduodenite. I medici ormai nutrivano poche speranze di salvarlo. Quando sembrava che il ragazzo stesse reagendo bene alle cure, si sviluppò una peritonite che apparve come il colpo di grazia e invece, saldò l’ulcerazione gastroduodenale sì che Luigi poté avviarsi lentissimamente verso la guarigione.

I Corsini si interessarono molto all’infermo Luigi e in Maria qualcosa di semplice e decisivo era accaduto: aveva sofferto per il timore che Luigi morisse. Proprio la sofferenza la spinse a cercare un aiuto più valido dei mezzi umani. I medici abbandonarono Luigi alla morte, ma questo non poteva essere: Maria pregò molto, e la sua fede si rinsaldò e ingigantì in quell’ora. Dio può, Dio ama, Dio è padre: e la Vergine Madre del Cristo è la Mediatrice infallibile.

Pregò molto, e quel suo rifugiarsi in Cristo e nella Madonna costituì un momento di grande maturazione e trasformazione. Quando si troverà di fronte alla grazia ottenuta, si accorgerà che la gioia per la guarigione di Luigi sarà più grande di quanto lei stessa avrebbe creduto e si accorgerà di aver fatto un bel passo avanti nella fede in Cristo.

Ebbe inizio così uno scambio di lettere delle quali ci rimangono quelle di Luigi, conservate da Maria.

Di Maria ci rimane un’immagine della Madonna di Pompei, mandata a Luigi con queste parole:

Questa è l’immagine davanti alla quale ho tanto pregato e supplicato per la sua salute. La baci ogni sera e ogni mattina e la tenga sempre con sé. Il Signore e questa Beata Vergine benedicano Lei e i Suoi.

Questa immaginetta, accuratamente protetta da una busta, fu conservata da Luigi, nel suo portafoglio, per 47 anni, fino alla morte.

Il 15 marzo 1905 i due si svelarono i reciproci sentimenti e il 31 ebbe luogo il fidanzamento ufficiale.

Nei mesi che seguirono ci fu una notevole corrispondenza tra i due.

Avellino, 29 luglio 1905

………Tu sei stata la fata mia benefica, che mi ha salvato l’anima dallo scetticismo ed io t’ho fatto in cambio la mia Madonna che venero e che adoro. Amami sempre così, Maria, e tu troverai sempre nel mio affetto e nella mia devozione ogni maggior conforto che l’amore di un uomo possa dare, poiché tutta la mia vita io l’ho dedicata, consacrata a te. Sento che dall’amore tuo io sarò sempre più spinto alla bontà e alla operosità, poiché in quell’amore io troverò sempre il più nobile e il più prezioso compenso ad ogni mio sforzo. Il mio sogno è quello di una vita di lavoro e di amore: affaticarmi nel lavoro, riposarmi nelle gioie dell’amore nostro e della nostra famiglia, questa l’alterna vicenda della vita ch’io vagheggio, attingendo nell’affetto tuo la forza e il coraggio per sopportare ogni dolore e superare ogni avversità. La realizzazione di questo sogno dipende da te.………

Il 25 novembre 1905 fu celebrato il matrimonio a Roma.

Gli sposi si stabilirono in casa Corsini-Salvi in modo da diventare i figli di famiglia. Erano infatti presenti altre due generazioni: i genitori di Maria e i nonni materni.

Al centro delle attività e della direzione casalinga si trovava mamma Giulia ed era perciò chiamata “Signora” dalle domestiche. Lo stesso titolo veniva attribuito alla nonna Enrichetta. Maria, invece conservava il titolo di “Signorina”.

Da questa situazione, la loro unione, anziché soffrirne, ne risultò rinsaldata e più spensierata. Del resto i pensieri sopravvennero ben presto, al primo annuncio di futura nascita.

Il 15 ottobre 1906 nacque il primo figlio che fu chiamato Filippo.

L’incontro con Maria, le nozze, poi, e la nascita del primo figlio influirono in misura determinante sulla crescita spirituale di Luigi.

Luigi quando rincasava, era attratto da quel centro misterioso e irresistibile ch’era la culla del primo nato, e ritrovava il caro volto di lei trasfigurato da un’esultanza della quale egli stesso intuiva la portata superiore. Con la sua sensibilità egli divinava qualche cosa di quel segreto di mamma, e allora si stabiliva quasi una trasmissione silenziosa della verità ch’era in lei, verso l’anima di lui.

Egli non poteva ancora parlare di fede in un significato vigoroso e completo, anche perché era ignaro di troppe verità della fede. E tuttavia gli accadeva giorno per giorno di capire meglio, di vedere più profondamente. La sicurezza semplice e gioiosa di Maria aiutava Luigi e lo faceva progredire, come per una tacita intesa. (QB. Pag. 44-45)

Con la nascita degli altri figli è come se ci fosse stato un progressivo innesto di forza spirituale.

Il 9 marzo 1908 nasce Stefania e il 27 novembre 1909 Cesare.

In quell’epoca si inserì nella vita di Luigi e Maria una presenza che si rivelò determinante per la loro crescita spirituale: quella di padre Pellegrino Paoli. Egli divenne per Maria, e a poco a poco anche per Luigi, un punto di riferimento.

Ci è rimasto un regolamento scritto da padre Paoli per Maria che ci illumina riguardo all’impostazione suggeritale e da lei accettata e praticata fedelmente. Esso può essere considerato la base su cui Maria costruiva l’edificio intimo.

Regolamento di padre Paoli

…. Su questo fondamento la mia figliola deve costruire il suo edificio spirituale, mirando, più di tutto, ad una “formazione interiore”, fissando bene nella sua mente che la santità non consiste nel fare cose straordinarie, ma nel far bene, con la maggiore perfezione, quelle che sono proprie del nostro stato. ….

Affidare tutta se stessa, in un abbandono filiale completo, ai disegni divini, baciando la mano di Dio, sia che mortifichi, sia che amareggi: un’immolazione perfetta, sostenuta dalla certezza che Dio, nostro Padre, in premio di questo abbandono, custodirà amorosamente la sua anima e quanto costituisce il tesoro dei suoi affetti più sacri e più cari, riflettendo spesso che il presente è solo un periodo di prova e che le cose che più ci addolorano quaggiù, che appariscono talvolta incomprensibili, rispondono ai disegni di Lui che ci ama, che ha a cuore i nostri supremi interessi e il nostro merito per l’eternità …

Lamentarci, ma da figli, anche di Dio, è stato qualche volta nei Santi una prova di confidenza, quindi di amore. Anche Gesù, quando in Lui parlava l’Umanità, ha sentito l’amarezza del Suo calice nel Getsemani e si è lamentato sulla Croce di quel misterioso abbandono, nel quale, perché il suo sacrificio fosse perfetto, Lo aveva lasciato il Padre Suo. Basta che al di sopra dei lamenti della natura, lo spirito sempre pronto, sappia pronunciare il “Fiat voluntas tua!”.

La coralità del loro amore.

Era tanta la felicità che la maternità procurava a Maria! Come avrebbe voluto che tutti gli uomini e le donne potessero vivere ciò che lei viveva, quella sua felicità in cinque, e, in forza di un prodigioso dilatarsi dell’amore, in tutti i fratelli e sorelle dell’umanità!

Erano questi i primi respiri della particolare forma di pensiero e di sentimento che doveva qualificare poi tutta l’esistenza di Maria: la “coralità” del suo amore.

La prima espansione di una tale “coralità” si attuava, naturalmente, verso Luigi in modo particolare, cioè associandolo a sé. Il valore vero della maternità di Maria fu proprio di essere un privilegio di due, o piuttosto un binomio ridotto a unità, paternità-maternità diventate una. L’unione tra il babbo e la mamma fu l’unione tra il marito e la moglie, un accordo complesso perfettamente armonico. (QB. Pag. 47)

Maria e Luigi erano ambedue personalità forti. Che sarebbe avvenuto se ciascuno avesse voluto imporre il proprio mondo, o l’avesse anche solo difeso gelosamente?

Avevano capito che la gelosia dell'”io” sarebbe stata l’epigrafe funeraria del loro amore.

La volontà di comprendersi doveva rimanere intatta, al disopra di qualsiasi divergenza. (QB. Pag.47-48)

La presenza di Luigi e Maria influì sulla spiritualità delle altre generazioni presenti in famiglia.

Quelle quattro anime vedevano ora Maria e Luigi, due esistenze in piena giovinezza, aderire a Cristo, confessarsi, ricevere la comunione, frequentare la Chiesa. Ciò era di per sé un ripensamento, un aprire gli occhi: e di conseguenza, sentirsi smossi nell’intimo. La grazia dei tre bambini, sani, belli, donati dalla Provvidenza, completava quel risveglio.

I nonni Enrichetta e Cesare gustarono il pieno ritrovamento di Dio.

I genitori Angelo e Giulia Corsini ebbero modo di percorrere un itinerario più lungo e arrivare a quote più precise. (QB. Pag. 49)

Nel 1913 si prospetta per Maria una nuova maternità. Ma stavolta le cose si complicano.

Dopo i primissimi mesi della sua quarta maternità, Maria avverte dei sintomi preoccupanti: la gravidanza procede in tal modo da mettere a serissimo repentaglio la vita di lei, con molto poche probabilità che la creatura possa sopravvivere o comunque essere “normale”.

Un noto ginecologo consiglia apertamente l’interruzione immediata. A Luigi si rivolge senza mezzi termini: “Lei sa che altrimenti Lei potrà forse avere un quarto figlio, ma rimarrà vedovo”. ….

È il pensiero che si affaccia a Luigi: gli otto o poco più anni di matrimonio lo hanno trasformato dalle radici: molto spesso lui, che un tempo trascorreva anni senza avvicinarsi alla balaustra, ora riceve la comunione: e il dono divino gli ha ormai suscitato nel profondo un desiderio intenso. Ebbene, lo strumento per questa mutazione è stata Maria. Maria con la sua intelligenza di Dio, col suo amore, ha saputo guidare la nuova vita di lui, e proprio lei è ancora così necessaria per lui, per tutti… anche questo egli lo sente chiaramente… E invece Maria è colpita, è condannata al distacco, è privata della sua missione, è spezzata nel fiore degli anni e nella pienezza degli affetti… e la voce intima erompe: “Dio mio, Dio mio, Tu che puoi salvarla!”. (QB. Pag. 68)

Il pressante consiglio del ginecologo è respinto con energia concorde e responsabile. La gravidanza continuerà, quasi senza speranze, ma senza incertezze … Dio ha vinto.

Cinque mesi di drammatica attesa.

E poi … Dio vince ancora: l’inverosimile si avvera, la creatura arriva alla vita e la mamma vivrà con lei. (QB. Pag. 69)

E così nasce Enrichetta, la quarta figlia di Luigi e Maria. (6 aprile 1914).

Enrichetta resterà vicina alla mamma per tutta la vita.

Intanto lo scoppio della prima guerra mondiale vide Maria dedicare tutto il tempo che i quattro irrequieti “padroni” le lasciarono disponibile, ai feriti e, in seguito, ai profughi e ai prigionieri (QB. Pag. 78)

L’esperienza della guerra e la partecipazione al dolore ed alle necessità degli altri produce in Maria un ulteriore passo avanti nell’ascesa spirituale. Un documento di padre Paoli fa un bilancio riguardo allo spirito della sua figlia.

…. Dopo il regolamento (sono quasi 5 anni) il lavoro è stato assiduo, perseverante, senza arresti sensibili. L ‘indice del progresso compiuto (sotto l’azione della grazia, s’intende, che in lei è stata continua) è nei rapporti con Gesù nell’Eucaristia….

…. ma non dimentichi un mio antico insegnamento, comune del resto: che questo lavoro non sarà mai compiuto interamente. S. Tommaso d’Aquino, parlando non del dovere essenziale di un’anima (di fronte al quale non può esistere la transazione) ma della meta che ci addita Gesù quando segna a tutti le vie della santità, dice che l’anima deve convincersi che, rispetto alla perfezione, ha un solo costante dovere, quello di tendervi sempre. (QB. Pag. 79)

La cordata.

Sono del 1918 alcune lettere di particolare interesse.

C’è tra la vita di Maria e quella di Luigi una specie di cordata spirituale: salire non è agevole, richiede sforzo via via che ci si ritrova più alti, si scopre un paesaggio più ampio e il cielo, soprattutto il cielo, è più limpido, accessibile respirabile… Nella cordata Maria è di guida e s’ompegna a impegnare il compagno. Via via che Maria si innamora della vetta, Luigi subisce attimi di vertigine; ha, forse, l’impressione che la sua Maria non sia più sua fino al punto che gli è necessario per essere felice, per credere nella vita: pare a Luigi che Maria si lasci troppo afferrare dall’Amore misterioso.

La lettera del 10 agosto 1918 che Maria gli rivolge per renderlo partecipe della propria scoperta, della nuova quota che le albeggia dentro, ottiene un effetto negativo su di lui: per lei stessa, del resto la conquista è recente, è ancora se non incerta, almeno probatoria. (QB. Pag. 91)

Montepulciano, 10 agosto 1918

Gino mio

….Io sempre ti sosterrò, ti conforterò, ti difenderò dalle insidie del nemico. Io, vedi? Io stessa, o dalla terra o dal cielo, ti presenterò a Dio, come qualcosa di mio, ed Egli ti aiuterà sempre, non per me, ma perché ormai, tutto il mio è interamente di Gesù; in questa maniera io lo impegno a prendere la massima cura di quanto più mi sta a cuore, ed ho fede viva che Egli non abbandona chi si affida a Lui. Ti presto dunque la mia stessa fede, ti porgo le mie mani, e tu serviti di tutto questo per restar dritto sulla via, anche se le spine fanno sanguinare i piedi. Dritto, e gli occhi in alto: non su me, ne su te, ma unicamente verso Lui che è Luce, Bellezza, Amore; Via, Verità e Vita. È sublime il nostro destino. Amalo e sorridi sempre. Anche fra le lacrime inevitabili e benefiche. Li potessimo ogni istante ricordare, anche attraverso questa povera materia, gli occhi di Gesù che ci contemplano con incessante, tenerissimo amore! ….

Durante l’anno 1919, a causa di un forte deperimento organico, Maria si convinse di essere al termine dell’esistenza terrena.

La prospettiva di lasciare quattro creature che dipendevano da lei anima, sangue e respiro, dovette essere struggente per Maria. Quell’anno diviene per Maria fecondo di scritti. Tra l’altro, la lettera del 9 agosto 1919 costituisce il suo testamento spirituale.

… Fate che la vostra Mamma, la vostra Maria, di lassù, veda compiuto in voi, nelle care anime vostre, ciò che fu così imperfetto in lei; fate che io non abbia il rammarico di dover attribuire a me stessa un progresso spirituale in voi, appena mediocre. Duc in altum!…

Ciascuno di voi, senza vana presunzione di sé, ma forte soltanto della sua fede, sappia che è suo dovere, e che è nel potere vostro, di lasciare il mondo migliore che non l’abbiate trovato, facendo sempre del vostro meglio, per la maggior gloria di Dio; per l’avvento del Suo Regno quaggiù. ….

Montepulciano, 9 agosto 1919

Mio carissimo Gino

Ti lascio dunque, prima di tutto la mia Fede. Tu hai la tua fede che è nostra; ma io ti lascio anche la mia: credo videre bona Domini in terra viventium: la visione certa per fede, dei beni del Signore, che ci attendono nella terra dei viventi, nella sua vita! …

Ti lascio il mio povero Amore; il mio sogno d’Amore divino; completalo tu, completatelo tutti voi che mi amate. Siate Santi! Pensa sempre che l’anima mia ti seguirà dovunque e sempre, come seguirà ciascuno di voi, dilettissime anime mie, palpitando con voi ad ogni vostro respiro, esultando di gioia a ogni passo che farete verso l’Unico Bene comune, l’Unico necessario, Gesù Cristo, Dio. ….

Tu, Gino mio, sei il più forte, il più valido a cui tutti potranno convergere; i più anziani e i più giovani; da cui tutti dovranno attingere aiuto, incoraggiamento, conforto. Tu sei il primo, legittimo erede spirituale, che spontaneamente, umilmente affidasti a me, l’anima tua. ….

In queste lettere, per la prima volta, ci appare, in Maria Beltrame, la ricerca “del più perfetto”. Riguardo a Luigi, ella attua una reale maternità spirituale.

Nel 1922 i figli Filippo e Cesare manifestano l’intenzione di entrare in seminario, cosa che avverrà il 6 novembre 1924.

Una di quelle mattine, a colazione, il papà dice ai ragazzi: “Sapete, ieri monsignor tal dei tali mi ha fatto sapere che avrebbe desiderio o possibilità di avviarvi verso la “carriera” ecclesiastica, predisponendo le cose per un’ammissione all’Accademia dei Nobili Ecclesiastici… lo ho ringraziato di cuore, ma ho risposto categoricamente di no. Intendiamoci bene, ragazzi: se per caso aveste aspirazioni di carriera, non avete che a dirlo, e siete ancora in tempo. Allora, niente seminario, restate nel mondo, fate la vostra brava università e, con l’aiuto di Dio, nei limiti dell’onesto, m’impegno io ad aiutarvi nella carriera che sceglierete. Ma se volete esser sacerdoti, sia ben chiaro: fate i preti, e basta! e di carriera non se ne parli, ne ora ne mai”. (QB. Pag. 142)

7 novembre 1924

Caro Filippo mio

…. Tornando a casa, figlio mio, io mi sentivo fiera del mio duplice dono e, per la prima volta il mio cuore di madre poté dire al Signore: Ecco, ti ho dato un gran dono. Ma l’anima, di rimando, mi rimetteva al vero posto, e mi mostrava qual dono mi aveva fatto il Signore scegliendo le mie due creature per la massima dignità consentita ad un uomo. …

18 novembre 1924

Mio caro Cesare

…. Non saprei dirti che è da desiderare non aver tentazioni. No. La Scrittura ci insegna al contrario: “Ti prepari a servire il Signore? Preparati ad essere tentato”. Nella lotta si attesta l’amore. ….

Il 5 giugno 1927 anche Fanny (Stefania) entra in monastero.

In verità lo “strazio” del babbo fu, si, “contenuto e sereno”, ma nulla perse della sua profondità. Luigi ebbe un deperimento di salute, e più intenso del suo l’ebbe Enrichetta, la quale stentò anche più lungamente a rimettersi: ma ambedue rimasero concordi nell’accettazione intima, attiva, del sacrificio. (QB. Pag. 155)

Si forma un carteggio prezioso con l’epistolario tra genitori e figli, nel quale la voce più assidua fu quella della mamma; il padre vi prese parte postillando le lettere di Maria, ma vi prese parte anche in altro modo recandosi ogni mese a far visita ai figli.

Roma, 22 febbraio 1926

Mio caro Filippo

…. Ricordatevi che non è l’altrui santità che siete venuti a constatare, ma la vostra santificazione a conquistare. …

Uno degli aspetti che maggiormente qualifica la vita di Maria e Luigi e la loro spiritualità è l’aver saputo armonizzare, in maniera mirabile, una risposta costante, e più d’una volta eroica, agli imperativi dell’accettazione sine glossis delle tematiche del vangelo, con una serena apertura a tutti i problemi umani – famiglia, professione, politica, arte, natura cultura, amicizia, ospitalità – entro la luce di conquistate certezze cristiane.

La loro famiglia sarà sempre al vertice, dopo Dio, dei valori di ogni giorno, di ogni momento.

L’uomo Luigi

Quest’uomo che non cominciava il pranzo, chiunque fosse ospite, senza segnarsi e recitare in piedi la preghiera dell’Angelus, e che al termine di qualunque giornata non andava a dormire senz’aver recitato in comune il rosario; quest’uomo che aveva ri preso, dopo vent’anni, ad andare in bicicletta per poter essere i compagno di gita dei suoi ragazzi, percorrendo d’estate chilometri e chilometri di vie assolate in Val di Chiana per gustare con loro le bellezze d’una Pienza o d’un Trasimeno; quest’uomo amò tanto la sua professione e vi si affermò in modo così eminente che per ben due volte, sotto i due diversi regimi, venne designato alla massima carica della sua carriera – quella di Avvocato Generale dello Stato – la prima volta su specifica proposta del ministro guardasigilli Dino Grandi, la seconda su reiterate sollecitazioni dello stesso presidente del Consiglio Alcide De Gasperi. E quel che più sorprende è che tutte e due le volte preferì lasciarsi scavalcare – non senza soffrirne profondamente – pur di non scendere a patti con la propria coscienza, rifiutandosi categoricamente di patrocinare la propria candidatura con manovre di corridoio, per lui inconcepibili, e di mobilitare in proprio favore, in qualsiasi maniera, le forze politiche del momento. Quest’uomo a cui venne offerto ne11948, un seggio “sicuro” al Senato della Repubblica, si prese il lusso di ricusarlo perché non si sentiva di condividere in pieno, su alcuni punti, la linea politica della Democrazia Cristiana.

L ‘integrità professionale di Luigi Beltrame era divenuta proverbiale. Val la pena di ricordare qui due episodi gustosi. Un suo collega più giovane – assurto in seguito, ad una delle più alte cariche dello Stato – si era rivolto a lui perché appoggiasse una sua richiesta di trasferimento dalla Sardegna. Luigi se n’era interessato, in sede competente, ed aveva ottenuto quanto richiesto. Il giovane avvocato si sentì in dovere, rientrando dalla Sardegna, di portargli in omaggio due pelli di muflone: sembrava un modo legittimo e decoroso per… disobbligarsi. E si presentò personalmente in via Depretis, col suo grosso fagotto: ma con lo stesso fagotto appesantito da una severa rampogna del suo protettore, egli dovette ridiscendere in fretta le scale…

Un caso simile avvenne a Milano, dove tutta la famiglia, compresa la nonna, si era recata a visitare suor Cecilia. Un altro giovane collega, da lui aiutato, era venuto ad ossequiarlo, la sera, in stazione, ed aveva avuto l’infelice idea di acquistare sei cuscini da viaggio, per farne omaggio a tutta la comitiva. Pressanti insistenze da una parte, arrabbiatura solenne e intransigente rifiuto dall’altra. Conclusione: il treno partì, con la famiglia Beltrame rimasta senza cuscini, mentre sotto la pensilina un giovane avvocato dello Stato se ne tornava mogio mogio con sei cuscini penzoloni, che ricordavano tanto i poveri capponi di Renzo Tramaglino.

Ma quest’uomo che non accettava l’omaggio di un cuscino da viaggio, che non volle mai raccomandare per nessun esame nessuno dei suoi figliuoli, a costo di vederseli rimandare a ottobre, ora l’uno ora l’altro, in qualche materia, non esitava a dedicare buona parte delle sue giornate delle vacanze estive a far ripetizioni di greco o di latino o di scienze a quello tra i figliuoli che era il rimandato di turno. Famose le ripetizioni di geografia a Cesarino, nell’estate 1923, a Montepulciano: Cesarino arrampicato su di un albero, che eseguiva flessioni scimmiesche, e il papà sotto l’albero, con l’atlante aperto sulle ginocchia, che spiegava, indicava, interrogava, s’arrabbiava… e se la godeva un mondo! (QB. Pag. 179-181)

L’ospitalità in casa Beltrame Quattrocchi

…. Già quando i ragazzi erano piccoli si instaurò l’uso, che divenne gioiosa tradizione, di accogliere in casa, per la Befana, tutti gli altri bambini del casamento.

…. Minuscoli doni per tutti ….

Piccole cose, ma che facevano sentire nel casamento quel sapore “comunitario” che oggi invano si va cercando; e che furono le premesse per cui, in tutti gli anni che seguirono, quando in questa o in quella famiglia arrivava un dolore, un bisogno, l’esigenza di un consiglio o d’un conforto, come primo rimedio, istintivamente, naturalmente, necessariamente, si andava sempre a sonare il campanello di casa Beltrame.

Non di rado nell’alternarsi dei frequentatori di casa Beltrame, avverrà di trovare, tra i colleghi e i conoscenti di Luigi, o tra i vecchi amici di casa Corsini, come tra le nuove e sempre più aperte conoscenze – in un’apertura ecumenica ante litteram – ebrei, protestanti, massoni, finanche qualche marxista puro. E soprattutto anime che per anni o per tutta una vita avevano annaspato nel buio di un non risolto problema di fede.

E, in fine, i “naufraghi”: sacerdoti smarriti o sull’orlo del fallimento; suore uscite dal convento con i nervi a pezzi; protagonisti sconvolti di matrimoni andati in frantumi, o di situazioni illegali da sistemare, o di falle morali da risanare, o di ingiustizie e soprusi da cui esser difesi; amici di un tempo, che dopo aver pagato amaramente la condanna umiliante di un errore, corsero a trovare in via Depretis l’amorevole asilo in cui rifarsi a poco a poco un volto più umano, con cui ripresentarsi alla sposa, ai figlioli, ai colleghi… quanti ne vennero a cercare in Luigi e Maria il balsamo di quella comprensione, di quel paziente ascolto, e del cuore che non avevan trovato tra i loro! (QB. Pag. 179-190)

Contributo alla vocazione dei figli

Di ciò che Maria dice ai suoi figli riguardo alla loro vocazione, noi conosciamo soltanto la minima parte, ma ci sentiamo presi, non poche volte, da un’eloquenza di mamma la quale patrocina la causa di Dio, contro la propria causa terrena. Ai figli che ella ama con inesausta tenerezza, insegna ad allontanarsi da lei. Profondamente affettiva e bisognosa del loro affetto filiale, s’impegna con tutte le forze a far sì che quell’affetto si incanali tutto verso l’alto.

È proprio questo eroismo che riesce efficace con i figli, semplicemente perché si trasmette a loro come il fuoco si appicca al legno buono. Ma noi che cosa conosciamo di questo eroismo? Semplicemente la nota fondamentale della spiritualità di Maria: quel suo cercare il più perfetto sempre, attraverso la “fedeltà nel minimo” e la dedizione integrale nei sacrifici piccoli e grandi.

“Il meglio, sempre”. Ad un religioso che frequentò assiduamente per anni casa Beltrame, come assistente di un gruppo del Movimento di Rinascita Cristiana che si riuniva quindicinalmente nell’accogliente dimora di via Depretis, Maria ebbe a confidare un giorno, in un momento di apertura spirituale, un suo fatto intimo di cui non fece mai cenno esplicito nemmeno con i figlioli, anche se molti indizi lo lasciavano intuire. “…Sa, io debbo fare attenzione a ciò che faccio, perché mi sono impegnata con voto a cercare il meglio, sempre”. Non le bastano, dunque, il libero sforzo verso il più perfetto, ella si è liberamente legata a quello sforzo. (QB. Pag. 204)

Pagine intime di un uomo di legge (QB. Pag. 210, 214)

Alla spiritualità di Maria faceva riscontro la maturazione religiosa di Luigi: accanto all’arduo tema in lei del “più perfetto”,

…. Di tutte le mancanze dovute ai miei attaccamenti debbo pentirmi. Se non avrò l’odio per quanto ho fatto di male, vuol dire che l’attaccamento perdura. Signore aiutami ad avere il disgusto profondo per tutte le miserie, per tutte le mancanze. Sento che ancora questo disgusto non è pieno, non è completamente sincero.

Scoppia la seconda guerra mondiale e si prospetta la chiamata per i figli don Tarcisio e don Paolino. E, infatti, il 10 ottobre 1940, mentre sta confessando, don Paolino riceverà la cartolina precetto e sarà spedito inizialmente a Trieste e successivamente a Fiume.

Il 22 marzo 1941, la cartolina precetto sarà consegnata a don Tarcisio il quale sarà nominato cappellano dei quattro incrociatori “Eugenio di Savoia”, “Duca d’Aosta”, “R. Montecuccoli”, “M. Attendolo”.

Durante l’occupazione tedesca, i Beltrame Quattrocchi, aiutano molti ricercati vestendoli con gli abiti talari dei figli (QB. Pag. 268-270, 298)

Il 9 novembre 1951, Luigi muore, a causa di un infarto miocardico.

Maria scriverà lo stupendo lavoro “la trama e l’ordito”, come unica, vera e degna testimonianza di due vite in una e di un amore fiorito dalla terra al cielo.

(QB. Pag. 302-315)

Il 25 agosto 1965, Maria muore a Serravalle, nella casa di villeggiatura.

Tutta la vita di Maria era stata caratterizzata da un movimento ascensionale dell’anima dal Fiat, accettazione volontaria di Dio e delle sue conseguenze, all’Adveniat, impegno attraverso l’amore di Cristo, apostolato per l’avvento del Regno, ed al Magnificat, cioè al rendimento di lode e di grazie, che sostiene e nutrisce l’anima per la fatica della vita attiva. Queati sono i tre temi che, secondo Maria Beltrame Quattrocchi, elevano l’anima a Dio.

Fu donna di obbedienza. La sua spiritualità si ispirava a quella di diversi santi: Ignazio di Loyola, Caterina da Siena, Francesco d’Assisi, Teresa d’Avila. Di quest’ultima santa le erano particolarmente care le due grandi direttive: “la fedeltà nel minimo” e “la scelta del più perfetto”.

(QB. Pag. 343, 345)

Abbreviazioni:

FC: Famiglia Cristiana

QB: Questi Borghesi di Giorgio Papàsogli, ed. Cantagalli

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