Alla ricerca di un identikit: i problemi della famiglia a Napoli, tradizionale città di valori familiari, di contraddizioni e di gravi carenze strutturali. Il ruolo e l’impegno dell’Ufficio diocesano famiglia.
Se è vero che è possibile individuare alcuni periodi per i grandi temi, certamente quello che stiamo vivendo attualmente può essere configurato come il momento della “famiglia”. “Famiglia”, che diventa, così, il tema primo, tanto discusso in più di una sede di dibattito e generatore di altrettanti temi pure ultimamente in voga. Lungi dall’essere una realtà statica ed omogenea, la famiglia, che subisce inevitabilmente l’influenza socio-culturale dei contesti odierni, vive i cambiamenti sociali, si evolve e muta la sua fisionomia col mutare dei costumi, dei processi di ordine economico e culturale; è essa stessa il filtro sensibile e rivelatore di mutamenti già avvenuti o ancora in atto. Pensiamo al mutare dei rapporti intergenerazionali e di quelli intra ed extra familiari. Pur cogliendo e tratteggiando elementi generali e comuni tali da individuare un nucleo familiare di riferimento, in concreto esiste una tipologia familiare differenziata che richiede interventi diversificati e risposte non univoche ma aderenti alle singole situazioni. E questo è quanto mai vero per la realtà napoletana. Napoli, infatti, traduce nella famiglia la sua dimensione complessa di metropoli; la eterogeneità – che caratterizza il suo tessuto sociale – spesso non risolta ma accentuata dai problemi di integrazione e di possibile amalgama tra diverse provenienze sociali; i problemi posti dai nuovi insediamenti urbani e dai recenti agglomerati, stretti sempre più in un anonimato sociale, generatore di disagio e di emarginazione. Una situazione, dunque, di disorientamento in cui la famiglia si trova da sola a dover farsi carico di problemi spesso gravosi, non sostenuta adeguatamente da strutture e servizi, né da collegamenti opportuni con le altre agenzie educative, per ricomporre quella frammentazione socio-culturale in cui essa è sempre più indifesa. Situazione carenziale, assenza di risorse sul territorio e caduta dei “valori forti” attaccano la famiglia, purtroppo impreparata ad affrontare i complessi processi psicologici che caratterizzano la crescita dei figli e ad arginare il fenomeno ambiguo e destabilizzante delle “mode culturali”, di tendenze permissivistiche che mettono in discussione valori e principi morali; quelle risorse solide, in definitiva, da cui la famiglia poteva attingere per la sua sopravvivenza e, al contempo, aprirsi alla comunità sociale. Ma se è vero che la famiglia recepisce, in maniera positiva o negativa, il cambiamento e non resta indenne dai condizionamenti esterni, (mass-media, mode culturali, pubblicità e consumismo), è anche vero che essa, a Napoli e più ampiamente nel Mezzogiorno, si fa talora portatrice di una “cultura familiare” che spesso manifesta resistenze ad un autentico rinnovamento. Di conseguenza ci si trova di fronte ad un nucleo familiare, sempre meno soggetto primario sociale, con l’assunzione diretta di doveri e di responsabilità, che, al contrario, realizza quella che Donati chiama “la famiglia autopoietica”, una famiglia, cioè, chiusa nel suo interno, che risponde a propri valori e che rischia di riprendere quei connotati di “familismo amorale”, ancora presente nella mentalità del Sud, sia pure in forme attenuate.
Completamente abbandonata non è neanche quella tendenza alla “delega”, che si traduce in un spostamento dell’epicentro naturale di iniziative e di responsabilità e nelle difficoltà di creare coordinamento e collaborazione con le altre agenzie educative e con centri e realtà associative, impegnate in ambiti sociali specifici, come quello dei minori, degli anziani, dei portatori di handicap, delle tossicodipendenze. La complessità sociale e familiare napoletana contempla anche realtà aperte ai valori della solidarietà; famiglie che vivono e affermano i valori tradizionali come patrimonio storico di memoria e di identità; famiglie che si sforzano di dare risposte agli interrogativi sollecitati dalle nuove prospettive sociali e generazionali, che oggi assumono risonanza più ampia, e che sanno creare all’interno del gruppo relazioni di reciproca e serena convivenza.
“Poiché il disegno di Dio sul matrimonio e sulla famiglia – dice la Familiaris Consortio – riguarda l’uomo e la donna nella concretezza della loro esistenza quotidiana in determinate situazioni sociali e culturali, la Chiesa, per compiere il suo servizio, deve applicarsi a conoscere le situazioni entro le quali il matrimonio e la famiglia oggi si realizzano “. Il discorso sulla famiglia è, dunque, un discorso sociale e politico. Da questa consapevolezza non si può prescindere per un’opera che sia autenticamente evangelizzatrice e sappia incidere e sanare i contrasti di una città emblematica e rigenerarne i tessuti. Il realismo ecclesiale, attento alle vicende sociali, culturali e amministrativo-politiche della città, ha colto la complessità della realtà napoletana, ponendola a sostegno di un progetto pastorale, che il cardinale Michele Giordano ha voluto incentrare sulla famiglia per tutti gli anni ’90. Famiglia intesa come comunità di dialogo, di confronto, di crescita e solidarietà. Scrive, infatti, il card. Giordano, nel Documento del 1988 “Per una nuova pastorale familiare”: “ non esiste la famiglia in assoluto, ma esistono le famiglie … stratificate secondo le risorse, le opportunità concrete di vita, lo status sociale, gli stili di vita, gli orientamenti culturali “. Una strategia pastorale, quella della Chiesa di Napoli, che, alla luce del Magistero pontificio ed in attuazione del XXX Sinodo Diocesano, non è né occasionale né episodica, ma, conscia dei limiti ma anche delle ricchezze della città, risulta pensata per sollecitare un “comune impegno missionario sul territorio“.
La realizzazione del progetto pastorale, che “ costituisce l’impegno primario della chiesa di Napoli “, è affidata all’Ufficio Diocesano Famiglia, al quale spetta “la promozione e il coordinamento della nuova pastorale familiare nella Arcidiocesi di Napoli ”. Secondo l’Istruzione pastorale “Al principio è la famiglia” del cardinale Giordano, l’Ufficio Famiglia è una “struttura di servizio” con il compito di “tener desta l’attenzione “ e di stimolare “l’impegno di tutti, con discrezione e pazienza, con premura e tempestività” e che si avvale della collaborazione specifica delle altre strutture diocesane, con le quali realizza quel coordinamento che rappresenta un’altra delle sfide della Chiesa di Napoli come esigenza forte da contrapporre alle spinte individualistiche che tendono ad impedire il cammino verso una coralità sociale ed una unità di intenti.
La Consulta di esperti, la Commissione Famiglia costituita dalle nove coppie zonali, che fanno da tramite tra il governo della Chiesa e la base, grazie alle quali è stata realizzata una dettagliata mappa della situazione diocesana circa la pastorale familiare e prematrimoniale, la celebrazione solenne della I Giornata diocesana della famiglia, la realizzazione del sussidio di pastorale prematrimoniale “ Quando l’amore è …”, mediato, a livello diocesano, in una scuola per operatori di pastorale prematrimoniale, un sussidio di preghiera per la famiglia in collaborazione con l’Ufficio Culto, l’avvio delle scuole zonale di pastorale prematrimoniale, tutto il lavoro di preparazione per il II Convegno ecclesiale che si terrà a dicembre su “ famiglia e giovani”: questi i passi di un percorso faticoso ma affascinante di cui la Chiesa comincia a cogliere i frutti e che potenzia l’Ufficio famiglia in quell’opera di evangelizzazione che gli è stata affidata.
“ La posta in gioco è altissima – conclude il cardinale Giordano nella Istruzione pastorale. Contro il matrimonio e la famiglia è in corso una coalizione di forze enorme che ha già compiuto un vasto lavoro di erosione. NOI non abbiamo la potenza dei mezzi umani ma abbiamo la potenza dello Spirito di Cristo, che ha vinto il mondo “.